Civetta in SOL

L’immagine rinnovata della testata ospita la consueta rapace notturna in compagnia di un gomito. Esso appartiene a Gino Paoli, cantautore che non ascolto. Ma, in questa foto, mi sta simpatico. Quella cosa degli amici al bar, poi, forse è anche vera.
L’ho scovata in questo sito, una sorta di raccolta di memorabilia.
Sempre da essa, anche l’immagine del vagamente perplesso (ma mai come la civetta) Pablo Picasso, qui sotto.

CivettaPicasso

Notte dopo degli esami

A pensarci bene, non riesco a ricordare nulla della mia Maturità.
Due cose, a dire il vero, sì. Poi le dico. Ma il resto: l’atmosfera di tensione, la temperatura del grande corridoio del Cornaro, chi faceva da vigilante, chi avessi ai miei lati… Nulla.
Va beh. Son passati solo ventanni, circa. Devo ancora entrare nella fase “tribute to Alois Alzheimer” (con tutto il rispetto per chi c’è dentro) e quindi i ricordi non troppo lontani rimangono annebbiati. Ma mi chiedo il perché di questa notte della coscienza.

Mi costruisco una risposta: non fu quell’esame, come del resto non fu l’ultimo anno del Liceo (e neppure gli altri quattro e nemmeno le medie – ah, infauste medie! Di esse rimane solo una persona, grande, Fausto Angeli ) un’esperienza di ordine emotivo. Non fu un momento segnato da presenza e con-presenza emotiva. Lavorava, e male, solo la testa. E solo la mia testa, da sola. Allora, che io sappia, nessuno parlava di “analfabetismo emotivo” per gli adolescenti e i giovani. Ma non vedo perché non ci potessi rientrare anch’io, del tutto.

Quindi, nulla da segnalare nel cassetto della memoria con l’etichetta “Maturità 1992”. Se non due flash: un grandioso tema sui Crepuscolari (le buone cose di pessimo gusto), in cui mi gettai in funambolici collegamenti con il Montale, poeta sacro alla mia cara prof. Il nesso fu per lo più ignorato: mi si fece notare che in italiano non si dice “all’inizi” del secolo. Corretto. Ma nessuno mi chiese se mi fossi divertito a scrivere quelle facciate. E io avevo goduto come mai nel farlo.

Il secondo momento, drammatico: la domanda della commissaria esterna di filosofia, su Marx, Proudhon e Saint Simon: l’uomo e lo Stato. Più che un quesito, un messaggio politico trasversale rivolto al mio docente di filosofia, notissimo ultra conservatore. Fui un pingue vitellino sacrificato sugli ultimi sbrecciati altari dello scontro ideologico. Scalciavo e scalciavo, non sapendo che il mio destino era segnato.

46 sessantesimi. 75 e spiccioli nella valuta corrente. Al solito: senza infamia e senza lode.
Ai “miei” Ragazzi, un caro augurio. E’ un esame e come tale appare insormontabile, inutile e isterico. Le tre I sono queste. Ma come sempre troverete il modo di renderlo una cosa divertente da raccontare. In bocca al lupo, di cuore. Ricordatevi che la vostra intelligenza è divina. Mica lo dico io, lo diceva Aristotele.

lettera ad Internazionale

La rivista settimanale Internazionale ha pubblicato questa mia missiva, nel numero in edicola da venerdì 31 maggio c. a.

Caro Internazionale,
sono un insegnante di filosofia e storia e la classe quinta di cui sono coordinatore si è abbonata a te, in quest’ultimo suo anno di scuola.
Abbiamo spesso, dribblando e integrando il fatidico mai terminato “programma”, discusso a partire dai tuoi spunti e dalle tue analisi.
Abbiamo discusso di nozze gay e di interruzione volontaria di gravidanza, di neofascismi e di fatica della democrazia rappresentativa, di imprenditori suicidi e di senso del lavoro oggi, in Italia, per i giovani e non. E anche di scuola, di come la struttura arranchi, di come la variabile interesse sia marginale, di come esista una sorta di dittatura del manuale nell’era dell’accesso totale alle informazioni.
Non so se abbiamo fatto un buon lavoro. Non lo so davvero, perché non so come andrà l’esame di Stato. E se la classe di cui sono coordinatore sarà ascoltata per la sua intelligenza (anzi, le sue intelligenze, come ci ricorda Gardner) o se invece sarà classificata come una delle scuole dei ricchi e quindi elitaria, costituzionalmente marginale.
Già, perché la classe di cui sono coordinatore è una quinta in un Istituto salesiano, una di quelle scuole che vengono chiamate private e invece sono pubbliche paritarie. La mia è una funzione pubblica e il mio primo riferimento è la Costituzione, non il magistero ecclesiale.
Caro Internazionale, vorrei che tu insistessi nel costruire un dibattito serio sulla scuola in Italia, nel quale al centro ci siano i ragazzi e la loro formazione, nel quale le scuole “private” non possano nel modo più assoluto permettersi di danzare sulle ceneri della scuola statale (che mi ha formato), nel quale ogni istituto venga valorizzato per quel che può dare, nel quale le ragioni ideologiche lascino spazio alle argomentazioni ragionevoli, nel quale si abbandoni l’idea del monopolio dell’educazione, da una parte e dall’altra.
Grazie, mille di queste settimane, Giovanni Realdi – Padova