Aspirine

Possiamo regolare un aspetto molto importante della vita adulta dei nostri figli: il loro ricordo, che contemplerà  asili nido immersi nel verde, picnic e genitori amorevoli. Non c’è modo di garantire loro un futuro felice – be’, almeno possiamo agire sulle premesse, provando a regalare loro un passato felice”.

Alison Gopnik, Il bambino filosofo. Come i bambini ci insegnano a dire la verità , amare e capire il senso della vita; Bollati Boringhieri, Torino 2010. Citazione a p. 215.

E se premiassimo la capacità  di fare insieme? In gruppo? Iniziassimo noi per primi a essere cooperativi nei nostri rapporti, con i ragazzi, nelle relazioni di coppia, al lavoro? Ci riusciamo o ci squalifichiamo a vicenda? Cooperiamo fra scuola o famiglia o continuiamo ad alimentare gli stereotipi “gli insegnanti non hanno voglia di lavorare” e “le famiglie non si interessano”?”.

Maria Luisa Verlato, Identità  alla deriva. Vuoto di sé e vuoto di relazione nel tempo del “tutti connessi”; la meridiana, Molfetta (BA) 2011. Citazione a p. 112.
Vedi anche qui.

Gli allievi accettano non chi pretende di avere su di loro il potere di “educarli”, magari con tanta buona volontà – pretenendo di comunicare i giusti modelli di cultura e di vita – ma chi a loro somiglia, chi avverte la loro stessa confusione e soffre di uno stesso disagio”.

Goffredo Fofi, Salvare gli innocenti. Una pedagogia per i tempi di crisi; la meridiana, Molfetta (BA) 2012. Citazione a p. 103.
Per approfondire il lavoro pedagogico sulla scia di Fofi, vedi la Rivista  «Gli Asini».

Chi non vuol bagnarsi, deve abbandonare il nuoto; chi prova repulsione per l’ottimismo, deve lasciar perdere l’insegnamento, senza pretendere di pensare in che cosa consiste l’educazione. Perché educare è credere nella perfettibilità  umana, nell’innata capacità  di apprendere e nel suo intrinseco desiderio di sapere, nel fatto che ci sono cose che possono essere conosciute e meritano di esserlo, e che noi uomini possiamo migliorarci vicendevolmente per mezzo della conoscenza”.

Fernando Savater, A mia madre mia prima maestra: il valore di educare; Laterza 1997.

Una volta una ammalata mi appioppò un sonoro ceffone. Un primo istinto fu quello di renderglielo. Ma poi presi quella vecchia mano e la baciai.
La vecchia si mise a piangere. «Tu sei mia figlia» mi disse. E allora capii che cosa aveva significato quel gesto di violenza. Di fatto, non esiste pazzia senza giustificazione e ogni gesto che dalla gente comune e sobria viene considerato pazzo coinvolge il mistero di una inaudita sofferenza che non è stata colta dagli uomini.

Alda Merini, Diario di una diversa, Scheiwiller

Quello che serve è uno sguardo allenato a cogliere la possibilità  di mettere a proprio agio l’altro perché ci parli, e da quello che ci dice saper cogliere le sfumature per rilanciare comunicazione, ascolto, parola, capacità  di iniziativa. E’ un continuo sottrarsi come protagonista, per far sì che lo diventi l’altro. E mentre la comunicazione si snoda si scopre sempre qualche nuovo insegnamento che ci ritorna indietro, prezioso per guidare i passi successivi.

Sclavi-Giornelli, La scuola e l’arte di ascoltare, Feltrinelli 2015

Nessun genitore deve volere il meglio per suo figlio. E sai perché? Perché non lo sa. Un genitore non sa cos’è il meglio per suo figlio. Non lo può sapere, come potrebbe? E’ Dio? Legge nella sfera di cristallo? No, è solo un genitore. E allora dovrebbe starsene a guardare e basta, in silenzio e con grande calma.

Paola Mastrocola, Non so niente di te; Einaudi, 2013

Diceva Epitteto che baciando il figlioletto bisogna aggiungere tra sé: «Domani forse morirai». Si risponderebbe:  «Ma sono parole di cattivo augurio».  «Nessun cattivo augurio – diceva Epitteto -: indicano invece un fatto naturale; altrimenti anche la mietitura delle spighe diventa un cattivo augurio».

Marco Aurelio, A me stesso (Ricordi)

Il nostro principale problema è quello di ridefinire il senso dell’emancipazione e la sua relazione con i saperi del nostro tempo. Quali saperi e quali pratiche culturali abbiamo bisogno di elaborare, sviluppare e condividere per propiziare una società migliore nell’intero pianeta? Parrebbe una domanda ingenua, ma quando le discipline umanistiche perdono il legame con una simile questione, diventano delle mere conoscenze di testi su altri testi e muoiono. Ridefinire i sensi dell’emancipazione: è a questo che devono dedicarsi le discipline umanistiche se vogliono essere qualcosa di più che materie in disuso.

Marina Garcés, Il nuovo illuminismo radicale

Salva

Salva

Salva

Salva

Salva

Salva

Salva

Salva

Salva

Salva

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.