Mi guardo attorno, attraverso i vari schermi, e leggo che in tanti si misurano con l’immaginare il mondo, o l’Italia, al termine della crisi. La narrazione del post-virus dunque imperversa, in questa fine marzo a partire dalla cui reclusione sto scrivendo. Quando queste righe saranno su carta, abiteremo già in un qualche segmento di quel post, e allora qualcosa di questi esercizi sarà stato confermato, altro dimenticato, ritrattato.
Mi piacerebbe avere il coraggio di disegnare l’utopia che verrà , percorrere con la mente i sentieri del Giusto e dell’Impossibile, della Bellezza che ancora non esiste. Ma non lo farò, e non solo per incapacità . Più che mai oggi, vorrei trattenermi nel disordine fertile dello scantinato dell’esperienza, quella reale di questi giorni.