progettare e tradire

Posto un lavoro di Giovanni Panozzo, dedicato alla coppia, o se volete alla fatica della costruzione-in-coppia. Protagonisti di questa doppia intervista sono Franco Vaccari e Giuseppe Stoppiglia, presidente di Macondo.
Viene in mente una frase di James Hillman: «Bisogna dire chiaramente che vivere o amare soltanto là dove ci possiamo fidare, dove siamo al sicuro e contenuti, dove non possiamo essere feriti o delusi, dove la parola data è vincolante per sempre significa essere irraggiungibili dal dolore e dunque essere fuori dalla vita vera».

 

de los pobres

Con questo filmato, porgo a tutti i migliori auguri per un Natale quanto mai pregno di contraddizioni. L’Occidente si dice in crisi e molte persone lo sanno, perché non hanno lavoro o non arrivano alla fine del mese. Ma coloro che percorrono i negozi hi-tech di Padova sono dispiaciuti perché non hanno trovato il gingillo che desideravano… Tutti esauriti. Tra di loro, alcuni sapranno serenamente farne a meno, e si sentiranno un po’ strani; molti invece non hanno idea di cosa succeda fuori dal proprio naso/cuore/testa. E allora si regalino per Natale qualche minuto di Report o un abbonamento ad Internazionale. Qui non si tratta di attendere la venuta di Qualcuno, ma altrettanto decisamente il Suo ritorno, che non avverrà in assenza di giustizia. E portino pazienza coloro per i quali queste parole non hanno senso.

 

OdC: la legge e le vite

Il sito unimondo ci ricorda una ricorrenza importante, quella dei quarantanni della legge sulla obiezione di coscienza al servizio militare obbligatorio, fiore nato dall’humus culturale e civile del secondo dopo guerra (alcuni nomi: Lelio Baso, La Pira, Balducci, Milani). , Relatore Giovanni “Albertino” Marcora partigiano cattolico.

«Gli obbligati alla leva che dichiarano di essere contrari in ogni circostanza all’uso personale delle armi per imprescindibili motivi di coscienza possono essere ammessi a soddisfare l’obbligo del servizio militare nei modi previsti dalla presente legge.
I motivi di coscienza addotti debbono essere attinenti ad una concezione generale basata su profondi convincimenti religiosi o filosofici o morali professati dal soggetto.
Non sono comunque ammessi ad avvalersi della presente legge coloro che al momento della domanda risulteranno titolari di licenze o autorizzazioni relative alle armi indicate rispettivamente, negli articoli 28 e 30 del testo unico della legge di pubblica sicurezza o siano condannati per detenzione o porto abusivo di armi»

donMIscrive

Il servizio civile obbligatorio sostitutivo divenne non solo espressione di uguaglianza sostanziale, come dalla lettera costituzionale, ma occasione per migliaia di giovani di veder cambiata la propria esistenza. Anch’io sono tra di essi: la mia esperienza presso Caritas di Padova è stata a posteriori decisiva per il modo con cui oggi cerco di fare l’insegnante. Non mi riferisco a buonistici pressapochismi su “quanto i poveri abbiano da insegnare”, ma proprio al fatto che le persone e gli eventi che mi vennero posti di fronte mi chiesero – con la dolcezza della realtà immodificabile – di cambiare me stesso, in meglio. Obbedire dunque, ma alla “fertile bassura dell’esperienza», delle cose così come stanno.

Scrissi allora e penso tuttora:
Che cosa è PROGETTO MIRIAM? Molto in pratica, è un casa di accoglienza. Per chi? Per ragazze e donne straniere che sono uscite dalla tratta per prostituzione. Qui si trova subito una grande differenza che ho scoperto lì: una cosa è la TRATTA, un’altra è la PROSTITUZIONE. Una cosa è vendere una certa serie di servizi con il proprio corpo, in modo libero, come scelta, altra cosa è essere ridotti in schiavitù e costretti a battere. Non dico che una cosa sia più giusta o più facile dell’altra, dico che sono diverse.
LA STATISTICA dice: di 100 prostitute, 80 sono CONDIZIONATE, 20 sono sex-workers. Di queste 80, il 30 per cento è costretto sotto schiavitù a prostituirsi. L’altro 70 p.c. lavora per strada perché non ha un giro migliore e forse si prostituirebbe anche altrove.
Vedete: al Miriam ci sono tre suore, che curano i diversi aspetti della casa e dell’organizzazione, progettuale e pratica, dell’attività. Hanno la consapevolezza che ci sono donne che scelgono di, come si dice, “fare la vita” e che ci sono uomini che vanno con queste donne. Da parte loro non ho mai sentito un giudizio moralistico su queste cose, un giudizio che dica: è sbagliato vendere il proprio corpo e comprarlo per denaro. Che magari è una cosa che ci si aspetterebbe da una suora. Altra cosa è la TRATTA. Che cosa significa essere costretti a prostituirsi, essere sottoposti a violenza quotidiana io non lo so fino in fondo, perché non l’ho provato sulla mia pelle, perché non sto dentro il cuore e la testa delle ragazze che ho incontrato. Sono stato accanto a queste persone, sono stato utile a loro per cose molto pratiche e ho avuto la fortuna di essere stato in ascolto di queste persone. Che cosa vuol dire “credere di sapere e invece non sapere”? Ero in macchina con una ragazza dell’Est, ci trovavamo dalle parti dell’Ospedale. Forse era contenta perché si aperta una possibilità di lavoro, finalmente, e di un lavoro che le piaceva. Insomma raccontava di sé e della sua esperienza: di come era arrivata in un furgone dal suo paese, di come le avessero spiegato che la strada era il lavoro che doveva fare, di come fosse sempre chiusa in casa, dovesse subire violenze dal boss, non potesse uscire se non accompagnata dalle dieci alle quattro di mattina in via del Plebiscito o giù di lì, a battere. E io – preso dalla guida della Uno scassata delle suore – mi perdevo nei miei pensieri, che da bravo studente di filosofia, erano sulla libertà, sulla mancanza di libertà, sul rispetto dell’uomo… Quasi leggendomi nel pensiero, durante il racconto, lei mi fa: perché, in quei momenti, quando ti fanno violenza, quando ti menano, non dici: vorrei essere libera, il tuo pensiero non è la libertà, con la ELLE maiuscola, direi io, ma: smettetela di farmi del male. Preghi perché non ti prendano a pugni, non pretendano che tu gliela dia con la forza, non ti lascino segni sul volto, sul corpo, non ti facciano uscire sangue dal naso… Capite il salto? La differenza? Io viaggiavo con la testa fra concetti, magari giustissimi. Lei SENTIVA queste cose sulla pelle.

Grazie a quella legge, ho potuto aprirmi alla realtà, ho scardinato i portoni delle bambagie parrocchiali e guardato in faccia i turoldiani “grumi neri di sangue” che gridano vendetta al Signore. E imparato a leggere la mia storia come storia di segni (qui sotto: il pozzo, tratto dal Piccolo Principe, che usammo al tempo come simbolo del lavoro a Progetto Miriam, richiamandoci all’episodio evangelico della samaritana).

pozzetto2 copia

E adesso, dopo 40 anni, due osservazioni a posteriori di quella legge, ormai inutile (la leva obbligatoria non c’è più):
a. perché non pensare ad un servizio civile obbligatorio per maschi e femmine, dopo la scuola superiore? QUI uno spunto.
b. esiste un uso strumentale dell’obiezione di coscienza (quindi in senso lato) in ambito sanitario? Un uso condizionato della libertà personale di operatori medici che accettano di rifiutare la pratica dell’IVG per – ad esempio – mantenere il posto? QUI, QUI, QUI e QUI ampi dati per alimentare il dibattito.

Disoccupare il volontariato

Di che cosa parliamo, quando parliamo di volontariato? Chi è il volontario?
Possiamo affermare, cercando una risposta a questi quesiti, che “volontario” nel senso da noi inseguito è chi liberamente risponde ad un bisogno, chi impiega la propria libertà per “andare verso l’altro bisognoso”. E però, come per il dono di Eluard, le parole continuano a mantenersi sdrucciolevoli. Volontario è l’insegnante che si ferma a parlare con lo studente al termine dell’orario scolastico dei suoi problemi, senza poter – qualora lo volesse – trovare una voce nel suo contratto sotto la quale segnare le ore impiegate; è l’assistente sociale che si spinge oltre la meccanica e giuridica soluzione di un disagio; è l’educatore di comunità che accompagna l’esistenza del minore anche dopo la fine del progetto e fuori dalla comunità di accoglienza, quando egli minore non è più, ma i cui problemi rimangono; è l’avvocato o il terapeuta che offrono la propria prestazione pro bono; è il ruolo della nonna o del nonno nell’accudimento quotidiano dei nipoti, nell’ottica di un welfare familiare… In questo senso sono volontari, ma raramente li si chiama tali, l’educatore di Azione Cattolica o il capo scout Agesci; l’animatore del Grest parrocchiale o la signora del bar del patronato, ma anche lo studioso che aggiorna e corregge le pagine di Wikipedia. E oltre, addentrandoci nella complessità del tema: è volontario in questo senso colui che aderisce coscientemente ad un progetto nel Terzo Mondo perché così sta in Brasile senza spendere troppo? E’ tale il milite dell’Associazione di Pubblica Assistenza affascinato dal (relativo) potere di una uniforme? E il presidente di una Organizzazione di Volontariato che attraverso il suo ruolo costruisce una rete di alleati in vista di un debutto politico?

veriricchicope

Questo è uno stralcio dell’introduzione a questo libro, scritto attraverso il lavoro di molti giornalisti che hanno interpellato alcuni rappresentanti del volontariato di Padova.
La presentazione avverrà Martedì 11 dicembre alle ore 18,00 presso Palazzo Moroni. L’introduzione a I veri ricchi è una mia riflessione, richiestami tempo fa dagli amici del MoVI e in parte rivista per questa diversa occasione.

La sfida sarà rimanere nell’alveo dell’antiretorica.

 

Senza il permesso di cambiare

Lorella Zanardo ha acquisito legittima visibilità con Il corpo delle donne, forse la prima seria operazione culturale (al di là delle analisi libresche) sui media e sulla considerazione della figura della donna da essi proposta. Non è la passeggera denuncia dei troppi culi nudi televisivi – quella che ipocritamente, notizia inutile tra le notizie inutili, passa nei TG poco prima di mostrare i medesimi culi nudi. E’ una domanda su quale immagine del mondo arriva nei/dai media, TV in testa, e quale idea di democrazia ad essa si accompagni.

“Una democrazia non può esistere se non si mette sotto controllo la televisione , o più precisamente non può esistere a lungo fino a quando il potere della televisione non sarà pienamente scoperto. Dico così perché anche i nemici della democrazia non sono ancora del tutto consapevoli del potere della televisione. Ma quando si saranno resi conto fino in fondo di quello che possono fare la useranno in tutti i modi, anche nelle situazioni più pericolose. Ma allora sarà troppo tardi. ”
[Karl R. Popper,
Una patente per fare tv, in Karl R. Popper, John Condry, Cattiva maestra televisione, a cura di Francesco Erbani, I libri di Reset, 1994]

Sembravano le parole di “uno che grida nel deserto”, un vecchiaccio fuori dal mondo, come tutti i filosofi, esposto alle risa della servetta tracia di turno. O, nella migliore, la consueta critica del passatista che non vuole il rinnovamento. E invece no.
La citazione popperiana viene dal lavoro di approfondimento di una studentessa di quinta che, a partire dall’adagio di Saint-Exeupery “l’essenziale è invisibile agli occhi”, si è domandata come agiscano le immagini sul cervello. Scrive: «Il problema non risiede in che cosa la gente guarda ma nel fatto che la guarda. La soluzione deve trovarsi nel come guardiamo. Abbiamo bisogno della libertà negli occhi, della verità nell’informazione , ma soprattutto dell’atteggiamento critico nei confronti di ciò a cui ci troviamo di fronte».

L’intelligenza si è “televisionizzata”. E non si legga in questo una ulteriore lagna dell’insegnante retrivo legato a doppio filo al libro stampato. Non è una lamentela, ma la descrizione di un dato di fatto: che cioè l’immaginazione puntuale di un evento, trasmessa da un’immagine in movimento – l’intuizione, direbbe Hegel – ha preso il sopravvento sulla decifrazione dell’evento stesso, sul concetto. Guardo e se mi piace accetto, mi dispongo a capire, attivo una critica (se sono in grado). Se ciò che mi è posto di fronte attira la mia intuizione, esso passa. Se no, rifiuto. Gli insegnanti non possono non tenerne conto, e non basta la LIM a rinnovare la trasmissione del sapere.

Queste e altre riflessioni percorrono il nuovo progetto della Zanardo, di cui sotto riporto un estratto. La giornalista, blogger del Fatto Quotidiano, sta moltiplicando gli interventi nelle scuole d’Italia, a partire dal Corpo delle Donne, ma per andare oltre. E si accorge che c’è voglia di parlare di come l’immagine dei/nei giovani sia distorta, di come l’immagine del futuro sia occupata e di come tutto questo c’entri con la televisione. Di come il cambiamento non possa che passare dando – di fatto e non retoricamente – la parola ai ragazzi.